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martedì 1 novembre 2011

Variazioni belliche (garzanti)

Non pochi scrittori e critici, di tendenze diverse, hanno già ricevuto una forte impressione dalla poesia di Amelia Rosselli, di cui si sono letti alcuni anticipi in riviste letterarie. Mentre i nodi più recenti della ricerca poetica in Italia sembrano più determinati e calcolati che, almeno fino ad ora, autentici o usati con necessità, la novità sconcertante della Rosselli può aspirare a proporsi come caratteristica di una nuova sensibilità e gusto nel far poesia.

Sembra che la scrittrice abbia ignorato gli elementi della poesia dal dopoguerra ad oggi, con rapporto d'impegno e di stile; mentre in realtà parte da un tale sperimentalismo. Attraverso certi suoi suggestivi vezzi, sentiamo la frequentazione e l'allusione di cultura e d'ironico pastiche al poetare delle origini italiane e a maestri del Novecento come Campana e Montale. La sua lunga esperienza musicale d'avanguardia (secondo cui ci dà un saggio sul metro originale della propria poesia, in appendice al libro) produce una prevalenza di suono (o significante) che si combina con una combinazione di specie simbolista. Nello stesso tempo, è però uno scatto impetuoso di liberazione intellettuale, col decifrare l'informe in cui si muove vitalmente, a produrre il componimento poetico con raro equilibrio. La lingua poetica, assai singolare, dipendente anche dalla complessa formazione giovanile in diversi paesi e in ambienti di eccezionale presenza ai problemi storici, conferisce un effetto di straniamento al testo.

Presentando per primo la Rosselli, Pier Paolo Pasolini ha posto l'accento sui suoi lapsus (cioè le parole "etmisfero" e simili) come rivelatori di una tensione in cui si arriva a a configurare una "poetica" fra surrealistica e traumatica. Questa chiave, più d'altre possibili, ci avvia ad apprezzare il testo della Rosselli come un unicum che contribuisce a mettere in dubbio ogni valutazione troppo assestata del corso dell'opera di poesia in tutti questi anni.

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